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Giacomo Moscato
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Giacomo Moscato
n7:tableOfContents
1 - Dati anagrafici suoi e della famiglia di origine 2 - L'intervista all'interno di Regina Coeli 3 - L'infanzia e la scuola a Roma 4 - Le leggi del '38 e le nuove condizioni di vita 5 - Il 16 ottobre '43 e la fuga dal ghetto 6 - La vita clandestina fino all'arresto del dicembre '43 7 - La detenzione a Regina Coeli 8 - Il trasferimento a Fossoli e la vita al campo 9 - Deportazione ad Auschwitz 10 - L'arrivo al campo e le procedure fino alla quarantena 11 - Trasferimento a Sosnowitz: vita e lavoro al campo 12 - Il trasferimento a Mauthausen e Gusen 2 13 - La separazione dal fratello Vito 14 - La liberazione e il tentativo di tornare a Roma 15 - Il ritorno a Gusen 2 e Mauthausen con gli americani 16 - Il rimpatrio 17 - Le difficoltà di inserimento e del riconoscimento di ex deportato 18 - La costruzione della sua famiglia e le difficoltà con i figli 19 - Le testimonianze dei figli
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1995 lug. 27
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non fiction
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n11:
n7:abstract
<p>L'intervista a Giacomo Moscato è stata realizzata da Marcello Pezzetti, nell'ambito del progetto "Interviste alla storia" (v. scheda relativa). Le scene sono state girate il 27/06/1995 nel carcere di Regina Coeli e il 10/07/1995 in un parco di Roma.<br /><br />Giacomo Moscato nasce a Roma il 16 gennaio 1926 da Anselmo Moscato e Virginia Di Porto ed ha due fratelli  più giovani,  Vito e Sergio. Abitano nel ghetto di Roma, in Via della Reginella 27.  L' intervista a Giacomo inizia il 27 giugno 1995, vigilia dell'anniversario del suo ritorno a Roma, all'interno del carcere di Regina Coeli, dove Giacomo fu rinchiuso nel terzo braccio dopo l'arresto alla fine di dicembre del '43 insieme al fratello Vito. Giacomo percorre il terzo braccio, in ristrutturazione, e giunge davanti a quella che è stata la sua cella, la n° 370. Ricorda che durante i 40 giorni di detenzione non uscì mai  per l'ora d'aria e che il terzo braccio era gestito direttamente dalle SS. L'intervista prosegue il 10 luglio '95:  Giacomo ricorda l'infanzia nel ghetto, la sua famiglia non è osservante in senso stretto, ma frequenta il tempio in occasione delle festività importanti. Giacomo frequenta la scuola pubblica; termina le scuole elementari e frequenta fino alla seconda media perché in terza viene espulso a causa delle leggi razziali del 1938. Inoltre i genitori perdono la licenza di ambulanti. Peggiorano le condizioni economiche e la famiglia è costretta a lavorare in modo clandestino, Lavora soprattutto la madre, ma viene arrestata in seguito a una delazione e trascorre quattro mesi in carcere. La mattina del 16 ottobre 1943 Giacomo e tutta la famiglia riescono a evitare l'arresto da parte dei tedeschi, trovando rifugio in un garage di proprietà di amici. Vivono nascosti: il nonno e i genitori escono solo per procurarsi da mangiare vendendo quello che hanno e raccogliendo gli scarti dei mercati, mentre Giacomo è più imprudente ed esce spesso con il fratello Vito per cercare di guadagnare qualcosa. Alla fine di dicembre del '43 Giacomo e Vito sono arrestati e reclusi al carcere di Regina Coeli per qualche settimana. Da qui partono in camion diretti al campo di Fossoli. Racconta il viaggio, l'arrivo al campo e la vita a Fossoli alla fine di gennaio del '44. Nell'aprile del 1944 sono deportati ad Auschwitz: Giacomo descrive il viaggio in treno, l'arrivo al campo, il sequestro dei beni da parte degli addetti al Kanada, la separazione tra uomini e donne, la prima selezione, la baracca della quarantena. Terminato il periodo di quarantena Giacomo e Vito vengono trasferiti a Sosnowitz [Sosnowiec]: i prigionieri lavorano prima alla ricostruzione del campo, poi sono assegnati al lavoro in una fabbrica di cannoni, Giacomo alla tornitura, Vito alle fornaci; la permanenza al campo dura cinque o sei mesi, fino a quando l'eserciro sovietico in avvicinamento obbliga i tedeschi a ripiegare. Di notte i prigionieri sono costretti ad avviarsi in marcia verso Cracovia:  camminano per molti giorni in mezzo alla neve, raggiunta una stazione sono caricati sul treno diretti a Mauthausen. Arrivati al campo trascorrono un periodo inattivo di circa 20 giorni per poi essere trasferiti a Gusen II per lavorare in una fabbrica di fucili. Il fratello Vito muore nel Krankenbau di Mauthausen a causa di un principio di congelamento iniziato durante la marcia. Giacomo descrive le dure condizioni di vita a Gusen II, la scarsità del cibo, i ritmi di lavoro e ricorda che dieci giorni prima della liberazione viene distribuito un pacco viveri della Croce Rossa solo agli ebrei. La fine della guerra è vicina e si verifica al campo un avvicendamento progressivo tra SS e militari della Wermacht. Il 5 maggio '45 arriva la comunicazione della fine della guerra e l'invito ad attendere la liberazione al campo. Giacomo con alcuni compagni invece fugge da Gusen e pensa di tornare a Roma. Si dirige verso Linz dove i soldati americani lo riportano al campo di Gusen e poi a Mauthausen per le pratiche del rimpatrio. Il 28 giugno '45 Giacomo arriva a Roma e si riunisce alla famiglia.</p>
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Intervista a Giacomo Moscato
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