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Isacco Mario Baruch
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Isacco Mario Baruch
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1988 mar. 23
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<p>L'intervista è stata realizzata da [Andrea] Devoto e [Vanna] Vogelmann. Luogo e data dell'intervista non sono dichiarati (1). L'intervista comincia con il racconto dello sfollamento da Livorno dove Isacco Mario Baruch viveva insieme al padre [Elia], e alla sorella [Giuditta]. Isacco Mario Baruch racconta che agli inizi del 1943 i fascisti imposero alla sua famiglia di trasferirsi da Livorno a Borgo a Buggiano, in una condizione simile al confino (2). Trovarono una sistemazione all'interno della sacrestia della Chiesa, insieme al resto delle famiglie sfollate. Non ricevettero particolari aiuti dalle famiglie del posto che, secondo il testimone, non sapevano che fossero ebrei o comunque non facevano differenze fra ebrei e non ebrei. Lì conducevano una vita "normale": Isacco Mario andava a lavorare nei campi, la sorella dava lezioni di piano. Il padre, invalido, non poteva lavorare. Furono arrestati a Borgo a Buggiano da alcuni carabinieri e da fascisti (3) e condotti al carcere di Pistoia, dove rimasero circa 8 giorni e poi trasferiti a Firenze, al carcere delle Murate. Successivamente Isacco Mario Baruch venne trasferito, sempre con il padre e la sorella, al campo di Fossoli, dove dice di essere rimasto 4 mesi (4). Il viaggio da Fossoli a Auschwitz, secondo Isacco Mari, durò un paio di mesi (5). All'arrivo ad Auschwitz, perse di vista subito il padre. Isacco Mario Baruch fu messo a lavorare ad una centralina elettrica, ciò gli consentì per qualche tempo di "rimanere al caldo". Racconta inoltre di essere stato trasferito varie volte in altri campi, facendo però poi sempre ritorno ad Auschwitz. Fu mandato per circa tre mesi a Dachau, poi un mese circa a Buchenwald,e infine evacuato a Bergen Belsen. Qui,nel corso di una delle ultime selezioni naziste, rimase gravemente ferito da una pallottola. Riuscì a salvarsi grazie alle cure prestate dagli inglesi, mentre si trovava nei pressi del campo di Celle. Al rientro in Italia, tornò a Borgo a Buggiano, ospite di una famiglia non ebrea. Rimase lì per circa due anni anche grazie agli aiuti che riceveva dalla Comunità di Lucca. Successivamente si trasferì a Firenze, dove ricevette assistenza dal Joint. Nel frattempo lavorò a Montecatini, in un albergo, dopo di che fu assunto dal comune di Firenze. Isacco Mario Baruch non volle più fare ritorno a Livorno, perchè troppi ricordi dolorosi erano legati a quella città. Nel corso dell'intervista Isacco Mario Baruch accenna anche al fatto di provenire da una famiglia religiosa; parla del ruolo della religiosità all'interno del campo ("il campo ha consolidato la religiosità") e cita il caso del rabbino Nathan Cassuto, morto di stenti, poichè si rifiutava di mangiare il rancio distribuito dai nazisti. Sul finire dell'intervista accenna alla sorte dei fratelli [mai citati prima] emigrati in Palestina e ritrovati solo nel 1981. Accenna anche alle conseguenze morali e fisiche riportate in seguito all'esperienza della deportazione e detenzione ad Auschwitz. Dichiara che quest'intervista è il primo racconto dettagliato della sua esperienza di deportazione; che non ne aveva mai parlato prima così diffusamente, nemmeno con la moglie. Anche fra i reduci della deportazione, osserva, non si usa parlare e ricordare quell'esperienza. Ritiene sia meglio "dimenticare". Fa alcune considerazioni personali sull'impossibilità di capire cosa fu Auschwitz da parte di chi non lo visse in prima persona. Nella registrazione si segnala qualche interruzione.</p>
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Intervista a Isacco Mario Baruch
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